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interpretare politicamente

E’ abbastanza facile ormai rilevare la tendenza degenerante di rendere se stessi un personaggio pubblico, o semplicemente un personaggio.
Frutto di una lunga chiacchierata con l’altra metà del mio cervello e del mio cuore sono le riflessioni che seguiranno.
Tutto inizia da cosa sono i social network e in particolare Facebook.
La scelta di possedere twitter come unico canale sociale è avvenuta dopo tre anni dalla mia cancellazione dal social network inventato da Zuckemberg. Perché Twitter? perché ti permette di avere a che fare con persone che conosci senza creare quella strana dipendenza dal controllo che invece Facebook ha, mettendo da parte i contenuti per farti scendere a giocare su altri livelli. Ho una pagina Facebook di un progetto che ho realizzato, quindi ammetto che a volte mi capita di leggere status in bacheca che mi riportano a quelle sensazioni che avevo solo tre anni fa. E mi vengono i brividi. L’ultima tendenza che ho scoperto è il marketing delle vacanze: un sacco di status in cui le persone scrivono che partono, in toni più o meno lirici e poetici mantenendo la suspence su dove vanno e quale è la loro meta. Strana tendenza quella di creare curiosità e aspettativa nei propri confronti. Come se tu, proprio tu, sei un prodotto da vendere, attorno a cui creare curiosità, un’aurea di irrangiugibilità e di mistero. E proprio con lo strumento più pornografico di tutti!
Stessa tendenza si nota anche nei nuovi famosi: ragazzi di periferia che si raccontano con piglio ironico e autoironico facendo di se stessi il proprio personaggio. Deriva da social? Direi di sì. E’ ovvio che a sporcarti, una volta diventato famoso, sarai tu assieme al tuo personaggio, la distinzione è saltata e dunque durerai il tempo di una qualsiasi frequenza di rimbalzo di un qualsiasi hashtag.
Anche twitter ha le sue negatività: è veloce, troppo veloce. Non fai in tempo a leggere una notizia che già ne sono scorse trecento. E’ una vetrina interessante ma pecca nell’approfondimento e ti tiene legato all’ultimo secondo con una strana sensazione di essere rimasto indietro. Ma almeno le tweetstar non sono necessariamente i tuoi amici. Il che non è poco.
Mi rendo conto che quando incontro i miei amici, spesso mi ripropongono i loro status, i loro video postati o quelli di altri, mi fanno domande relative a qualcosa di scritto da qualcuno che loro non sono riusciti ad interpretare.
Tra le varie reazioni più strane che mi capita di osservare ci sono quelle alle mail. Non avendo facebook né amici che usano twitter, quando voglio comunicare qualcosa, invitare a una cena, condividere un articolo o una foto, uso una mail carica degli indirizzi delle persone a cui so che può interessare quel contenuto. Le reazioni sono bizzarre: “già la conoscevo!”, oppure “guarda invece io cosa ho trovato”, o a volte addirittura stizzite, quasi come desse fastidio il fatto che qualcun altro possa aver trovato, scoperto o commentato una cosa.
La cosa più triste è la crescente assenza della possibilità di confrontarsi su un contenuto, perché la cosa più importante di un contenuto non è il contenuto stesso ma chi lo ha trovato, chi lo ha trovato per primo e quanti like ha avuto.
Trascorrere serate a guardare nerdamente video su youtube facevano parte di quelle ore solitarie in notturna perché avevo il ciclo perché mia sorella aveva preso la macchina, perché tra due giorni avevo un esame e finito di studiare non puoi mica uscire! Ora invece è l’attività più in voga, in casa dopo una cena, addirittura dal telefono o dal tablet in qualche bar o prato.
Per carità, lungi da me rievocare i treni in orario di Berlino o strane tendenze vintage fatte di snake e msn… però almeno parlavamo di contenuti, non c’erano star tra noi, potevi raccontarti senza alimentare sensi di competizione.
Sì ecco insomma, io rivoglio indietro i miei amici, le chitarre, i cuori e le lettere e soprattutto i contenuti.

22 Luglio 2014
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