
suicidio mediatico senza mediazioni
trasformare politicamenteCi sono degli eventi che ti cambiano la vita. Eventi belli, incredibili, pieni di gioia e che ti mettono il cuore al posto dei polmoni. Altre volte questi eventi sono più dolorosi, del tutto incomprensibili, gratuiti fino alla nausea e allo svenimento, e che ti si impongono in modo drammaticamente schietto mentre ti dicono “ecco, come stanno le cose. Non puoi farci proprio niente!”.
E invece qualcosa poi farla. Non potrai riavere indietro tanto tempo che potevi usare meglio, però, per esempio, puoi riconsiderare tutto quel tempo perso dietro a cose che rischiavano di portarti via i sorrisi, la capacità di un po’ di leggerezza in più. Puoi riconsiderare la complessità delle cose, il bisogno di essere all’altezza, la paura di fallire e tutte le altre stronzate di cui ci riempie il cervello una società dalla dinamiche tanto malate. Puoi ricordare tutte le volte in cui hai pensato a qualcuno e invece di fargli una telefonata sei andato a controllare il profilo di Facebook; invece di scrivergli una mail, gli hai commentato lo stato pubblicamente, superficialmente, disinnescando la possibilità di una comunicazione diretta, privata e profonda, e innescando piuttosto quella del pubblico, del sintetico, del banale.
Puoi considerare tutte le volte che, stanco, insoddisfatto, invidioso ti sei chiuso in te stesso invece di cercare un amico fidato, i tuoi genitori, per riprenderti un po’ di te, degli sguardi che sapessero capirti, consigliarti, un tono di voce che ti cullasse. Puoi considerare tutte le volte che non hai fatto qualcosa per paura che non fosse il tuo posto, per paura del giudizio, o peggio, quando hai fatto qualcosa in cui non ti riconoscevi ma che ti avrebbe fatto sentire accettato. O puoi considerare tutte le volte in cui ti sei arrabbiato, ti sei accanito e piccato contro qualcosa senza prima andarlo a capire, o tutte le volte che hai ignorato o non hai dato il giusto peso a delle richieste di aiuto, di comprensione, di affetto. Puoi considerare tutte le volte che, di sera, invece di vederti un film, o leggere un libro, ti sei messo a controllare gli stati dei tuoi amici sui social network, in cui uccidevi il tuo mondo interiore, lo mettevi a tacere, non gli davi la possibilità di creare e di essere stimolato, preoccupato di più del tuo profilo.
Puoi considerare che mentre ti crei una finta vita virtuale, nel frattempo ti comporti in modo troppo superficiale con quella vera, che puzza di sudore, che è fatta di abbracci, di sorrisi, di canzoni, di lacrime, di discorsi e di silenzi. Per quanto si possa fare un buon uso dei mezzi di produzione, non si potrà mai, e ripeto con forza mai, fare un buon uso dei mezzi di riproduzione di massa virtuali, finché ciò che vogliono riprodurre sono rapporti sociali, appunto, virtuali.
Mi dispiace se questi pensieri potrebbero sembrare banali, un po’ leziosi, sferzanti e magari noiosi e talebani. E soprattutto puerili o inutili. Credo che, però, bisogna essere partigiani e, incerti casi, questo significa non poter fare alcuna mediazione.