Alle medie ero cicciottella e ascoltavo i pink floyd. Ero già alta un metro e sessantacinque.
Insomma ero una di quelle che quando alle feste si decideva di giocare a “Twister” sapeva che non era per strusciarsi con lei e le toccava sempre di girare il cartellone. Mano destra tondo blu. Piede sinistro tondo giallo.
E’ stato lì che ho iniziato a tematizzare la mia sociopatia. In modo programmatico.
Specialmente in quei momenti in cui mi appartavo accanto al tavolo con patatine, crostate e bevande, con la vena sulla tempia sinistra che già batteva con ritmo sincopato, l’occhio destro, che in posizione a chiasmo rispetto al sinistro era spalancato perché centro di convergenza del sistema circolatorio e linfatico, labbro serrato, che celava un digrignare intenso e consapevole, che anche se avessi espresso quello che pensavo, quei piccoli e stupidi nani che si entusiasmavo su “children” di gigi d’ag, non avrebbero compreso, e con annessa tensione dei tendini del collo, che a 13 anni credevo di avere il pomo d’adamo… in questo modo appartata accanto al tavolo di bibite e cibarie, mi chiedevo per quale ragione non ci fossero alcolici.
Mi rifugiavo nel mio mondo, in cui era meglio mangiare il “piedone”, gelato con un alluce valgo e un’unghia incarnita, piuttosto che quel gelato massone con nome disneiano, che proponeva barzellette tipicamente pensate per una generazione da votare allo scoutismo.
Un mondo fatto di pc 486, con cui formattare riformattare e ririformattare floppy, inventare directory con nomi tipo “morite tutti” D:/ T’ammazzo mentre dormi/ FORMAT A: /Q
A volte formattare C. Per dare sfogo a tutta la tua rabbia.
Leggere PC Games e The Game Machine, per battere tutti a Prince e Doom2. Che poi tutti quelli che volevo battere li leggevano anche loro. Maledetti.
E’ stato al Liceo che ho capito che la sociopatia e il desiderio di alcool alle feste era un sentimento diffuso. Solo che loro avevano il motorino.
Io invece ho scoperto la filosofia, che mi sembrava adatta da mettere sulla mensola accanto ai pink floyd, fabrizio de andré, guccini e de gregori, gli Oasis, i Beatles, il Banco del Mutuo Soccorso, Dostoevskij, Thomas Mann, Debord, 1984, e i VHS registrati della macchina meravigliosa di Piero Angela.
Poi all’università ho scoperto che anche altre persone usavano la filosofia per la loro sociopatia. Solo che loro erano ricchi.
Lì ho pure scoperto che dovevo fare il parricidio. Me lo diceva proprio chi mi dava dei padri. E poi decideva se c’ero riuscita oppure no. A ucciderli.
Io non so se ci sono riuscita. Ma di padre ce ne ho due, uno mi ha lasciata da sola, pensando, forse, che non avevo più bisogno di lui. L’altro, invece, per fortuna, è ancora vivo. E per fare come cazzo mi pare non ho bisogno di ucciderlo.
Le cose stanno un po’ diverse con quelli che mi vogliono fare da padre, che per uccidersi tra loro mi dicono a me chi devo uccidere.
Ho iniziato a lavorare.
Ora sono alta un metro e settanta, non sono più cicciottella, potrei giocare a Twister, perché forse qualcuno vorrebbe strusciarsi con me.
Ma ora al tavolo di bibite e cibarie finalmente ci sono gli alcolici.