
femminissimo!
interpretare politicamenteIl femminismo. U’etichetta, un calderone, a volte addirittura un insulto. In effetti è una parola tanto abusata da aver perso ormai di senso. Almeno per quanto riguarda il senso comune (che – si badi – non è una cosa brutta, è che è stato legato al senso più deteriore della “società di massa”, fino a diventare sinonimo di “pensiero unico e omologato”).
Il femminismo, andando ad analizzare la parola, è il superlativo di “femmina”, tipo “comunismo” è il superlativo di “comune”, “fascismo” è il superlativo di “fascio (littorio)”. E così via. Quindi una femminista sarebbe una femminissima. E già qui troviamo la prima contraddizione, dal momento che spesso (non sempre) le donne femministe sono legate a un’estetica e ad atteggiamenti maschili.
Ma soprattutto la contraddizione più grande è evidente nel fatto che è stata una cultura e un’interpretazione maschile a decidere che il movimento di emancipazione della donna dovesse avere a che fare con la “femmina”. Se lo avessero scelto veramente le donne, al massimo lo avrebbero chiamato “donnismo”. E invece no, si è chiamato femminismo.
Il femminismo è stato un movimento importantissimo e dall’eccezionale valore storico, ha ottenuto risultati importantissimi e sarebbe ingiusto e sbagliato non riconoscergli tutto questo. Ma è giunto il momento di andare avanti e di togliergli di dosso le interpretazioni più errate, costruite forse a partire da alcuni errori culturali e sovrastrutturali che hanno finito per farlo cadere vittima del posto che gli è stato dato dentro le dinamiche di potere tutte maschili di questo mondo. Comunque a questo argomento verrà dedicato un approfondimento a parte. Per ora basterà sottolineare che le riflessioni di seguito non partono dall’intenzione di sminuire il femminismo ma anzi di approfondirlo e cercare i varchi da cui è possibile procedere in modo strutturale e rivoluzionario.
Oggi un sacco di uomini sono vicini al movimento di emancipazione delle donne, sempre più uomini approfondiscono sia intellettualmente che nella vita reale cosa significhi subire atteggiamenti volti al non riconoscimento di te come essere pensate, capace di fare dei progetti, di sostenere un carico di lavoro o anche solo le dinamiche ironiche e giocose. Sempre più uomini sono “femministi”, sensibili ad ogni tipo di maltrattamento subito dalle donne.
E questo è bellissimo, ma c’è qualcuno che deve averglielo insegnato e quella è senza ombra di dubbio la donna che gli sta accanto nella vita, per il semplice fatto che una comprensione tanto profonda, da sentirla dentro di te, di qualcosa che non subisci in prima persona, può derivare solo dal sentire comune dell’amore.
Mi rendo conto della pericolosità di questa affermazione. Quando si ha intenzione di scrivere una cosa seria e poi tiri in ballo l’amore tutto diventa più fumoso e lezioso e si rischia di togliere scientificità all’argomento trattato.
E invece, purtroppo, l’intelligenza delle cose (la comprensione delle cose in modo strutturale) deriva solo se tale intelligenza chiama in causa tutte le sue forme: quella logica, quella creativa e quella emotiva. I com-passionevoli sono tra i più intelligenti del mondo proprio perché in grado di sentire dentro se stessi la totalità dell’oggetto che stanno conoscendo.
Un uomo “femminista” è un uomo che ama una donna “femminista”.
Quindi lo stupore non dovrebbe sopraggiungere quando si incontra un simile uomo, bensì quando si incontra una donna che femminista non è. Nel primo caso si ha una spiegazione razionale e bellissima, piena di speranza e di umanità, nel secondo caso non si ha una spiegazione tanto soddisfacente da essere accettata. Perché se sei una donna che vive la sua vita in questo mondo ti troverai necessariamente a fare i conti con lo stato di minorità in cui sei relegata. E scegli, semplicemente di non combattere quella guerra che non ti sei scelta, ma che purtroppo è la tua.
Una cosa che si chiama “femminismo” non potrà mai essere un movimento di emancipazione creato dalle donne per le donne e per gli uomini. Perché la base da cui partire non è la femminilità, non è l’essere femmina, non è di tipo naturale. Il femminismo, se si vuole essere proprio corretti, dovrebbe battersi per la femminilità tout court, anche nel mondo animale e vegetale. E questo è evidentemente un non-senso.
Sì, le parole sono importanti. Anzi, fondamentali.
Quindi da oggi in poi si chiamerà donnismo. Scelto dalle donne, fatto dalle donne, pensato, riconosciuto e sentito dalle donne.
La base da cui parte il donnismo è il riconoscimento tra donne, che lavorano insieme e insieme sono in grado di costruire dinamiche migliori, non basate sulla sessualità (implicita nel genere sia esso “femmina” o maschio”), e di conseguenza non basato sulla competizione, ma, anzi, sulla complicità, sulla complessità e sulla collaborazione.
Iniziare dal proporre l’alternativa, per essere l’alternativa.