L’uomo, un animale che sa se stesso. E per questo si dimentica di essere un animale

interpretare filosoficamente

Ricordo quando mi spiegarono la diaspora, oltre che storicamente, anche concettualmente.

dia-sporè: dei semi sparsi per il mondo, nel cui significato vi è una profonda fecondità positiva, almeno nel senso di una positività dialettica, che nasce in seguito a una negazione, una divisione, appunto.

Qualcosa tipo la presa di identità autocosciente, in seguito al taglio del cordone ombelicale, il mito dell’allontanamento dall’origine, dalla madre, che se lo ricomponi nella sua immediatezza è incestuoso, ma se lo ricomponi che poi sei tu la madre, non c’hai edipi, o almeno ne hai di sopportabili!

Ricordo anche quando, superati gli anni ’90 ed entrati in questo nuovo inizio, strampalatamente matematico il calcolo del tempo!, dello 0, mi trovavo in una facoltà di Filosofia a Roma, dove c’era un gran parlare della Differenza, dei Margini, contro i “dittatoriali sistemi fascisti dell’unità, dell’unificazione e del pensiero unico”.

Tutto questo avveniva in seguito a quei due grandi eventi storici che ci portiamo più o meno consapevolmente nella struttura delle nostre coscienze di uomini pensanti ed agenti: i totalitarismi, l’olocausto e il muro di berlino, con relativa annessa e connessa guerra fredda e bomba atomica.

Effettivamente il concetto di differenza avrebbe potuto lavorare come un enzima, contraddittoriamente, ma proprio per questo secondo un significato vitale che la differenza ha, in quanto articolazione di un tutto organico.

Invece no. La differenza e la dispersione hanno lavorato contro una coscienza internaziole e verso un’omologazione internazionale dello spettatore-consumatore, che comodamente seduto sulla sua poltrona poteva esercitare la sua sovranità attraverso il diritto di recesso (entro 7gg).

Questione annosa quella della differenza, come separazione e divisione. Qualcuno le chiamò “robinsonate” del sistema.

Quello spazio vuoto, che necessariamente deve essere fissato e tenuto fermo, è stato chiamato variamente Nulla, Differenza, possibilità, qualcuno elegantemente lo ha chiamato divenire, ma poi se ne sono appropriate le riflessioni tautologiche magari pedagogiche, autoreferenzalmente sterili, sia che riguardassero il singolo sia che riguardassero la società, nelle sue articolazioni tenute separate (et dai!) in biologico, politico, religioso, pensante, agente, morale, mentale e via discorrendo.

Ecco, quello spazio vuoto è un respiro che permette il movimento, non l’occasione di delimitare, definire e dunque uccidere qualcosa.

Se la realtà si potesse considerare nella sua articolazione vitale, si dovrebbe anche prendere in considerazione, seriamente, la capacità che abbiamo, in quanto vita, di comprendere, considerare, sapere e capire la contraddizione.

Quella che gli animali, superiori agli uomini in natura, vivono semplicemente senza sapere che per il fatto stesso che vivono, muoiono.

Che gli uomini lo sanno, potrebbe operare la più grande riconciliazione della vita con se stessa, in se stessa.

29 Gennaio 2013
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