Non olio. Ma sabbia negli ingranaggi.

interpretare politicamente

I giovani rampolli di questa società sono tutti felici nel potersi creare il loro avatar ( che da ora in poi chiamerò “simulacro”) anarchico. Proprio mentre i loro genitori permettono loro, sborsando grandi somme di denaro, di partecipare al concorso di bellezza in cui ormai si è tramutata la nostra società del consumo dell’immagine.

Non è la solita vecchia storia della divisione in classi (magari fosse quella solita vecchia storia, per la quale avremmo numerose categorie per capire), ma è una vecchia storia completamente differente.

La borghesia finanziaria ha fatto gli investimenti giusti, specialmente sugli Edipi che non ha risolto quando ha provato a fare quella rivoluzione in cui voleva rendere il mondo accessibile a tutti, eliminando la vecchia divisione in classi. Peccato che hanno eliminato solo la divisione in classi all’interno di una delle due parti della divisione del lavoro.

Cercherò di spiegarmi meglio: la divisione era tra chi era costretto a lavorare e chi si poteva permettere di fare il padrone, grazie al percorso di studi avanzato fino all’Università. Eliminando la differenza in classi solo per quanto riguarda l’aspetto intellettuale, ci ritroviamo con una massimificazione e un allargamento della base intellettuale, cui non corrisponde un’altrettanta base allargata dal punto di vista delle possibilità reali, cioè del lavoro.

In altre parole, molti intellettuali, frutto di quella rivoluzione, hanno avuto accesso a una diluizione dei contenuti perché potessero essere accessibili a “tutti”, con la conseguente mancanza di struttura e di investimento reale di questi contenuti. Così è nata una specie di reazione allo studio, all’approfondimento, all’astratto, prediligendo il concreto, il sentimento, lo slancio vitalistico del pressapochismo. A tutto ciò ha contribuito la tecnologia, che offre strumenti sempre più avanzati per automatizzare la realizzazione di prodotti che rispondano sempre più nel modo appropriato al gusto estetico attuale.

Nessuna rivoluzione più dunque, in questo stato di cose sclerotizzato, è possibile.

L’estetica ha preso il sopravvento, il simulacro diventa sempre più identità, a differenza di quel “personaggio” che ognuno di noi si dà e che gli serve per sopravvivere nel grande palcoscenico del mondo. Infatti il simulacro riassume in sé tutti i drammi, le paure, le ansie, comprese quelle da prestazione, e non aiuta affatto a superarle, ma piuttosto ad interiorizzarle, facendo di tutto per farsi riconoscere, per giunta apparendo sopra le righe, proprio mentre ci si svende al grande meccanismo in cui ti prendono le misure, ti mettono un numero sul costumino e poi ti danno un voto. E sarai la più bella del mondo per ben un giorno interno!

Accade così che c’è un gran dilagare di anarchici oggi. Senza considerare che l’anarchia è prima di tutto una reazione al potere e non una sottomissione senza riserve ad esso. Che l’anarchia è prima di tutto considerare l’altro in quanto uomo, e non in quanto sodale. E c’è una gran bella differenza tra l’anarchia e il corporativismo. Come anche tra una certa corrente di individualismo anarchico e l’egoismo volto al desiderio di riconoscimento individualistico.

Così per affrontare le storture del mondo, per combattere il potere in ogni sua forma, sarebbe bene prima di tutto cominciare da noi stessi, cominciando a fare qualcosa insieme agli altri e per gli altri, lottando contro un sistema che si basa su una violenza sottile e silenziosa attraverso cui opera il potere, dimenticando gli egoismi della competizione del concorso di bellezza a cui inconsapevolmente abbiamo fatto domanda.

Che almeno se ne preda consapevolezza, o ci si assumano le responsabilità.

E che si lasci in pace l’anarchia. O almeno la si studi un pochetto.

7 Febbraio 2013
Condividi su

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *