Alle vittime. A tutte le vittime.

interpretare politicamente

Le cose folkloristiche lasciamole ai divulgatori di maniera.
Tipo le donne che ricamano ancora col tombolo, con vesti inamidate che non indossano mai per davvero, se non davanti all’occhio della telecamera pronta a fornire il punto di vista antropologico divulgativo sull’Italia.
Per esempio, la Resistenza e le Fosse Ardeatine non sono folkloristiche. Come non lo era, non lo è stato e non lo sarà mai lo spranghismo fascista.
L’abolizione della memoria è la peggiore arma politica che si possa brandire, specialmente quando c’è un bisogno strutturale di capire da dove veniamo, i nessi, le differenze.

Il folklore lasciamolo al saltarello.

La storia, il prodotto delle dinamiche che noi siamo, ha l’urgenza di essere ricordato, capito, compreso, pianto.
E noi abbiamo il dovere di riflettere. Non con la passività degli specchi, ma con la consapevolezza del cervello.

Oggi, mi hanno insegnato che un sordo ha prodotto matematicamente la cosa più bella, difficile ed emozionante della storia dell’umanità.
Oggi, dopo aver assistito alla cosa più matematicamente disumana che l’uomo sia mai riuscito a fare, dopo essermi ricordata come faccio a non scendere a patti mai, oggi mi è vibrata l’anima in un modo che non ricordavo di aver mai provato.
Resistere non vuol dire rinunciare.

Non vuol dire essere eroi, anzi, più spesso significa essere vittime. Significa che sai da che parte stare, anche tra i calli degli odiati tacchi.
Significa che non c’è bisogno di andarsi a prendere le cose scendendo a patti col potere per un’insana urgenza bulimica da visitatore del circo.
Resistere, forse, significa essere pochi. Essere stanchi. Costruire chiodi a quattro punte, sulla base delle indicazioni della stampa clandestina.

Alle vittime. A tutte le vittime.

25 Aprile 2013
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